Touch point offline e online: il cliente rischia di fare confusione?

Nel retail sono disseminati prima, durante e dopo l’acquisto ma le informazioni che il consumatore raccoglie in tale percorso possono indurre caos e indecisione: l’ottico deve saperli presidiare e mettere in campo competenze nuove per aiutarlo a superare la difficoltà di scegliere tra tante opzioni Touch point offline e online: il cliente rischia di fare confusione? di Marco Brugnola Formatore ed esperto in comunicazione I l customer journey, ovvero il percorso che porta un potenziale cliente ad acquistare un paio di occhiali da vista presso il centro ottico, è sempre più articolato. Tale complessità potrebbe indurre il consumatore a perdersi nel processo di ricerca verso una decisione d’acquisto a causa di un eccesso di informazioni che generano confusione e che l’utente stesso potrebbe non riuscire a processare. Lo hanno già spiegato chiaramente nel 2020 due ricercatori di Google, Alistair Rennie e Jonny Protheroe, i quali hanno analizzato l’iter decisionale degli acquirenti. Il loro studio è stato aggiornato lo scorso anno nel tentativo di comprendere meglio quello che essi stessi hanno definito “messy middle”, ovvero lo spazio “disordinato, complesso e articolato”, in cui i consumatori cercano di trovare la risposta migliore alla loro esigenza. Nel caso del centro ottico, il messy middle va dalla decisione di acquistare una nuova montatura da vista, momento denominato “trigger”, fino alla consegna dell’occhiale finito. Questo percorso oggi è tutt’altro che lineare, essendo caratterizzato da una fitta rete di touch point che si sono moltiplicati negli ultimi anni e che possono variare da persona a persona. Nel retail i punti di contatto sono disseminati prima, durante e dopo l’acquisto: il consumatore li incontra in fase di ricerca, di scelta e nel post vendita. Sono punti di contatto una recensione online, la prima visita in negozio, una ricerca sul sito web, così come il protocollo previsto al ritiro dell’occhiale o il post vendita. Ognuno di questi influenza la percezione e la decisione dell’utente finale. In che modo i consumatori elaborano le informazioni incontrate durante questo percorso e come tale processo di elaborazione influenza le loro decisioni di acquisto? Nelle ricerche online su Google si registra un fenomeno interessante: internet non è più soltanto il luogo dove il cliente confronta essenzialmente il prezzo per individuare quello più vantaggioso, ma quello in cui vengono presi in esame molti elementi, con l’obiettivo di identificare la soluzione migliore. La ricerca via web, ad esempio, secondo Google Trends 2008- 2020, prende in considerazione aspetti come il valore, la qualità, le prestazioni o la popolarità. In altre parole, i consumatori durante il loro percorso d’acquisto non sono condizionati, in prima istanza, dal prezzo: prima cercano informazioni sui migliori prodotti e brand di una determinata categoria e solo successivamente valutano tutte le opzioni a loro disposizione. Le scienze comportamentali ci vengono in soccorso per interpretarne il meccanismo, individuando due fasi gemelle che si ripetono in rapida successione, senza soluzione di continuità, fino alla decisione d’acquisto: una iniziale di espansione, la “fase di esplorazione”, seguita da uno step successivo di riduzione, la “fase di valutazione”. Un viaggio vero e proprio fatto di tanti touch point diversi, online e offline, in cui prima il consumatore raccoglie più informazioni possibili, ad esempio su negozi di ottica e marchi di eyewear e, solo successivamente, scarta le soluzioni che gli piacciono meno e mantiene quelle che preferisce. Questo processo si ripete in loop più volte fino alla scelta finale, che può essere rimandata, procrastinata nel tempo, addirittura archiviata e poi ripresa più volte. Troppe informazioni producono indecisione e confusione. Alla luce di questo autorevole studio risulta un po’ romantica, e forse anche nostalgica, l’idea di un cliente che, dovendo fare un nuovo paio di occhiali da vista, si rivolga direttamente al proprio centro ottico di fiducia, quello vicino casa, ad esempio. Il professionista oggi non può voltarsi dall’altra parte e ignorare una realtà molto più complessa rispetto al passato, in cui non solo è aumentata la concorrenza, ma soprattutto sono cresciuti i canali attraverso i quali essa agisce. Trascurare tale tendenza potrebbe portare a soffrire maggiormente il peso dei competitor. Le tappe del customer journey sono sempre più numerose e richiedono all’ottico optometrista la messa in campo di competenze nuove in grado di aiutare il cliente a superare questa vera e propria “allucinazione da troppe informazioni”. Il consumatore, da solo, ha difficoltà a semplificare il processo che lo porta a prendere una consapevole decisione d’acquisto e a mantenerla con fiducia nel tempo. Solo la guida di un professionista preparato, in grado di curare e presidiare ogni touch point, può aiutarlo a gestire tutti i dati e a superare la difficoltà di scegliere correttamente tra così tante opzioni in campo.

 

Articolo di Marco Brugnola autore della Rubrica “In Store” e pubblicato su B2eyes Magazine n.4 di aprile 2024

Lascia un commento