Le progressive? Bisogna saperle anche comunicare

Le campagne dell’industria oftalmica riproducono negli spot televisivi le esigenze del presbite: così l’ottico può fornirgli con maggiore chiarezza e semplicità le risposte adatte al momento della scelta della soluzione visiva ideale.

Anche quest’anno, in concomitanza con Ottobre mese della vista, è in corso una massiccia campagna di comunicazione a opera di alcune delle principali aziende oftalmiche per promuovere l’adozione delle loro lenti progressive: coinvolge emittenti televisive generaliste e on demand, il mondo digital, i social network, le riviste e i siti web.

L’obiettivo è vincere una sfida che è strategica per tutto il settore: il raggiungimento del 30% di penetrazione di mercato, una quota ampiamente accolta e condivisa dagli addetti ai lavori presenti all’ultimo Progressive Business Forum, nel 2022 a Firenze. Il target di riferimento è chiaro da tempo: adulti tra i 45 e i 65 anni, in particolare i giovani presbiti ancora alla ricerca della lente più adatta alle proprie esigenze e ancora troppo propensi all’acquisto del premontato, il nemico più insidioso.

«Le progressive rappresentano una straordinaria opportunità sia per il professionista sia per il cliente – commenta Andrea Cappellini, ottico optometrista di Firenze – E questo per almeno tre ordini di motivi. Penso in primo luogo alle soluzioni personalizzate individuali, realizzate non solo in base al difetto visivo, ma anche al posizionamento degli occhiali sul volto, allo stile di visione e alle caratteristiche antropometriche: una costruzione “tailor-made” che esalta la nostra professionalità, offre maggiori marginalità al centro ottico e garantisce un comfort molto elevato al portatore». Una seconda opportunità è legata, secondo Cappellini, alla diffusione di lenti specifiche per il giovane presbite già ametrope, «che presentano un costo competitivo e permettono di proporre per la prima volta una soluzione multifocale a chi è abituato al monofocale». Infine, una terza possibilità sono le soluzioni per chi sino a quel momento è stato emmetrope. «Hanno un prezzo vicino a quello delle monofocali, si indossano sempre e consentono di alternare lo sguardo vicino e lontano senza dover togliere e mettere l’occhiale – precisa ancora il professionista toscano – Si tratta di lenti particolarmente richieste da chi, per motivi di igiene, non può toccare l’occhiale mentre lavora, ad esempio i chirurghi, o da chi vuole semplicemente mascherare la propria presbiopia».

Le campagne di comunicazione non puntano solo all’ingaggio del cliente e al drive-to-store, ma vogliono supportare l’ottico nella proposizione e vendita delle progressive, in particolare di quelle “premium”, sostituendole gradualmente a quelle standard a basso valore aggiunto e con minori garanzie di adattamento. Proprio per tale motivo il professionista deve investire sia in competenze tecniche su un prodotto peraltro in continua evoluzione sia nella capacità di saperlo proporre e raccontare all’utente finale in modo adeguato.

L’obiettivo è ancora una volta marcare la differenza rispetto ai competitor, elevare il livello di qualità del servizio dell’intero settore e aumentare la notorietà e l’apprezzamento del segmento delle progressive. L’industria viene perciò in supporto dell’ottico, che dovrebbe essere il primo e il più attento fruitore delle sue campagne: essendo consapevole che un serio ostacolo all’adozione di tale soluzione oftalmica rimane il timore di riscontrare difficoltà nell’adattamento, negli spot televisivi lancia un messaggio positivo e rassicurante, in cui il presbite moderno riesce a soddisfare l’esigenza di una visione nitida a tutte le distanze anche in situazioni dinamiche e di movimento.

È all’interno del centro ottico però che si gioca la partita più importante e i protagonisti, insieme al cliente, sono l’ottico stesso e l’addetto alle vendite. Questi, evitando tecnicismi incomprensibili ai più, possono imparare a illustrare il prodotto attingendo a piene mani allo storytelling appositamente realizzato dall’azienda, avendo solo cura di declinarlo e personalizzarlo sul soggetto presente in quel momento davanti a loro. Per questo le imprese integrano la propria comunicazione con kit di materiali in-store, così da creare un collegamento coerente e sinergico con la campagna nei centri ottici partner.

Le immagini e le situazioni dello spot, il linguaggio utilizzato, i casi proposti e i materiali del messaggio aziendale rappresentano i “mattoni” principali su cui costruire la vendita in negozio.

Lo storytelling si articola perciò in tre fasi: la normalità, il cambiamento e il successo.

  • Nella prima, il cliente, come il protagonista dello spot, esprime esigenze e bisogni noti, che l’ottico conosce bene e tratta quotidianamente con competenza.
  • Nella seconda, le progressive ad alto valore vengono proposte come la soluzione ideale per consentire di recuperare abitudini e stili di vita compromessi dalla presbiopia.
  • Nella terza, infine, il portatore constata con soddisfazione il valore della propria scelta che, grazie alle nuove lenti e alla consulenza del professionista, gli permette il recupero dei comportamenti in grado di migliorare la propria vita. Proprio come il protagonista dello spot.

E il prezzo? In questo approccio si conferma non essere il primo e fondamentale elemento della decisione, perché tutti i consumatori sono disponibili, almeno ogni tanto, a spendere qualcosa in più quando ritengono una soluzione valida per loro e ne percepiscono i benefici. E gli occhiali non sono certo un acquisto che si ripete ogni giorno.

Articolo di Marco Brugnola autore della Rubrica “In Store” e pubblicato su B2eyes Magazine n.8 di novembre 2023

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